venerdì 8 ottobre 2010

Food valley o Gru valley?

Quando iniziai la scuola elementare il mio quartiere era ancora periferia. Anzi solo un anno prima la mia scuola nemmeno esisteva, tutto intorno solo i pioppeti dell'argine del Baganza, qualche casa sparsa qua e là, e dietro il mio cortile una bellissima fattoria.
A me sembrava di abitare in campagna, eppure il mio maestro ci faceva cantare "Il ragazzo della via Gluk" di Celentano, e ci portava in giro in lunghe camminate per mostrarci come era cambiato il quartiere in meno di dieci anni, quando prima tutto era pioppeto e campi coltivati.
Come tutte le canzoni che si imparano da bambini, quella del Ragazzo della via Gluk non l'ho mai scordata e spesso mi torna in mente.
Non so cosa pensino oggi i mei maestri che già a metà degli anni ottanta avevano tanta attenzione per l'ambiente, e usavano già macchina a metano, ma oggi quella canzone è più attuale che mai.
La via che prosegue dal mio quartiere e porta verso la collina è sempre più edificata, e i campi vanno via via scomparendo. Al loro posto, non solo case, ma anche e soprattutto fabbricati.
Molti di questi li ho visti crescere velocemente ai margini della strada, e nei loro muri già da tempo continuano ad essere infissi i tabelloni di VENDESI o AFFITASI.
Ma dunque servono veramente questi fabbricati o era più utile forse lasciare all'agricoltura uno dei suoli più ricchi di Italia?
Un bel documentario di Nicola Dall'Olio affronta il problema e rivela questo paraddossale caso della food valley parmense, che si propone come la culla del cibo e dell'alimentazione europea eppure non sembra tutelare la sua prima risorsa: il suolo.
http://www.ilsuolominacciato.it/



mercoledì 25 agosto 2010

Corchia, antico borgo

Per chi viene dalla città può sembrare strano, ma esistono anche strade che non si intersecano con altre strade, ma che portano solo in un unico posto.Una di queste è una diramazione della fondavalle che porta al passo della Cisa, antico passo tra la provincia di Parma e quella di Massa. Questa strada, dopo vari minuti di curve serpeggianti, all'ombra di castagni, carpini e querce, arriva in un piccolo borgo di fine valle, che sembra essersi dimenticato dello scorrere del tempo: Corchia.


A 640 m di altitudine, sulla sponda del torrente Manubiola, Corchia è custodito dalle montagne che si ergono intorno, cresciuto su se stesso in un cunicolo di viuzze, loggiati, archi, passaggi inaspettati.
Il paese è l'ultimo in fondo alla strada, oltre non vì è più nulla. A parte il bosco e gli antichi sentieri di carbonai e raccoglitori di castagne.Alcuni paesi dell'appennino rievocano qualcosa di antecedente. Corchia è uno di questi.. e personalmente è tra quelli che più evocano in me qualcosa di famigliare, ma anche lontano, perduto ma anche riscoperto ogni volta.
Ciò non è dovuto al suo aspetto da antico borgo, che sembra uscire da un film di Ermanno Olmi. Ma è qualcosa che si respira per le vie del paese. Le piccole finestre, più ancora delle pareti in sasso ristrutturate, i suoni del bosco attorno, il saluto di chi si incontra per strada è forse qualcosa che resta nel nostro DNA. Un archetipo di quell'inconscio collettivo junghiano, come se il secolo breve dello sviluppo industriale, non avesse potuto cancellare i secoli di quella dimensione del vivere.
Dalla metà del XIX secolo fino alla seconda guerra mondiale il paese ha visto il maggior afflusso di immigrati attirati dalle ricche miniere di rame, promosse sopratutto dal regime fascista.
Già in passato si era cercato di svillupare maggiormente le miniere locali, prima nel XVI secolo, sotto i farnese, con la ricerca dell'oro (che si rivelò poi pirite), succesivamente nell' '800 e '900 con lo sfruttamento di nuovi giacimenti di rame.Con la fine del rame in miniera e il boom industriale alle porte, il paese ha subito la stessa sorte di molti altri borghi dell'appenino. L'abbandono. Lunghi inverni silenziosi, con solo il passo di qualche anziano, il lento crollo delle case e l'avanzare del bosco nel borgo, su muri e archi. Molti giovani emigrarono in America, in Francia o nella città capoluogo, Parma.
Se molti di loro sono rimasti all'estero, e oggi rientrano nel loro paese natale solo nei giorni di festa (con targhe dai nomi francesi sulle case), coloro che invece decisoro di ritornare a Corchia, perchè proprio alla vita di città non riuscivano ad abituarsi, vedono oggi una nuova vita per le strade del borgo.
Certo gli inverni sono ancora lunghi, ma meno solitari e d'estate le case hanno di nuovo le finestre e le porte aperte, anzi non vi è più una sola casa abbandonata a Corchia.
Questa specie di rinascita è avvenuta oggi, nel nuovo millenio, grazie a vari finaziamenti che hanno permesso di ritrutturare le vie, i tetti, le mura delle case. Anche se, da altri borghi vicini, qualcuno polemizza che i soldi, il paese, li ha ottenuti inventandosi che la via francigena passasse anche da lì. Il risultato del restauro è comunque splendido, ha conservato le antiche rocce e utilizzato gli esperti e saggi metodi di costruzione del posto, che solo pochi oggi conoscono, come ad esempio la particolare costruzione dei tetti in ardesia.
Inoltre la trattoria del paese è diventata una delle più famose, non solo della zona, ma dell'intero appenino parmense. Il sabato e la domenica bisogna prenotare con molti giorni di anticipo perchè i posti sono sempre esauriti, e non solo d'estate!
Resta comunque piacevole e suggestivo camminare per le vie del paese o lungo i sentieri dei vecchi carbonai, ascoltando i lenti rumori del borgo o i suoni del bosco, con lo scorrere del torrente e il canto degli alberi.

Altre foto a questo link:  http://www.flickr.com/photos/ilreporter/sets/72157624946123186/show/


venerdì 18 giugno 2010


Ritengo che il viaggio non sia solo quello lontano, oltre i confini del proprio paese.
Basta saper guardare con attenzione e anche intorno a noi, persino nel quartiere dove viviamo, possiamo scoprire cose sempre nuove e intraprendere viaggi emozionanti: basta una prezza insolita o una luce differente durate il crepuscolo e un luogo conosciuto diventa diverso.
Oppure potremmo scoprire angoli nuovi anche solo passeggiando lungo le strade che percorriamo velocemente con la macchina ogni mattina. A piedi la percezione delle cose e dei posti è totalmente differente.
Io preferisco però, nei piccoli viaggi del quotidiano, i Boschi!
Quelli delle gite domenicali durante l'infanzia, quelli verdi e carichi di storia dell'Appenino.
Adoro camminare, adoro camminare ancora di più nei boschi. Anzi non vi è camminata, per me, se non dentro a un bosco.
Così spero di trovare il tempo per raccontare dei piccoli viaggi, boscosi per lo più, ma non solo!

venerdì 8 maggio 2009


Ultimo giorno a Pechino.. che dire, a volte di fare i bilanci non si ha proprio voglia, soprattutto se si parte da un posto che in bene ed in male segna profondamente l'esperienza di chiunque trascorra un pò di tempo in questa strana città! Così preferisco non tanto riflettere sul mio viaggio (ci sarà tempo poi), ma godermi le ultime ore cinesi sperando di ritornare presto in Cina..chissà magari riuscire a vedere il sud..in fondo alla 长城 (la grande muraglia) ci sono andata, e come la fontana di trevi, se ci vai rivedrai la Cina! .. be, la fontana di Trevi con me ha sempre funzionato speriamo anche la grande muraglia!
Certo di quello che è il cosmo Cina mi pare di avere appena scalfito la superficie, tre mesi sono un nulla, soprattutto in una città come Pechino dove il tempo scorre velocissimo. Pensavo di riuscire a comprender meglio questo mondo e questa cultura, che sia la lingua, l'arte o anche solo il cibo! Ma come un grosso, immenso iceberg ne intravediamo solo la cima, e credo non basterebbe una vita intera per riuscire a vedere realmente quello che sta sotto l'acqua ..così.....再见北京!

domenica 26 aprile 2009



Ah ! Che meraviglia Pechino quando il vento soffia dal nord e spazza via la coltre grigia di gas! In questi giorni sono persina riuscita a vedere per la prima volta a Pechino le nuvole bianche paffutelle e il cielo azzurro azzurro! Anche se in compenso il vento soffiava così forte ieri che non riuscivo a camminare. Mi piace questo vento, perchè sa di primavera inoltrata, perchè mi fa veder il cielo e perchè mi ricorda il mare d'Italia.

E proprio ieri, sono andata in giro a cercare nella periferia di Pechino, uno dei tanti distretti di arte che stanno nascendo (ma anche chiudendo con la stessa velocità) lontano dal cuore del potere e dagli occhi della censura. Il luogo si chaima Jiuchang distrect ed era mezzo o quasi tutto abbandonato. Abituata a vedere il 798, stracolmo di turisti, addetti al lavoro o semplici curiosi, il Jiuchang mi è sembrato una luogo al di fuori di Pechino. Il vento conferiva a luogo ancora di più un'aspetto da villagio abbandonato del Far West, con la polvere che creava vortici nelle strade deserte, la case abbandonate, qualche anta di finestra rotta che sbatteva ..anche se in questo caso erano più che altro lamine di metallo di vecchi magazzini, poi gallerie, ora ..niente, solo edifici abbandonati. Mi aspettavo che da un momento all'altro comparisse qualche fantasma cinese, come nei più classici dei film di Honk Kong.. invece niente di nient, solo polvere! Chissà magari sono tradizionalisti i fantasmi cinesi, e gli occidentali in Cina, proprio non li possono vedere!