mercoledì 25 agosto 2010

Corchia, antico borgo

Per chi viene dalla città può sembrare strano, ma esistono anche strade che non si intersecano con altre strade, ma che portano solo in un unico posto.Una di queste è una diramazione della fondavalle che porta al passo della Cisa, antico passo tra la provincia di Parma e quella di Massa. Questa strada, dopo vari minuti di curve serpeggianti, all'ombra di castagni, carpini e querce, arriva in un piccolo borgo di fine valle, che sembra essersi dimenticato dello scorrere del tempo: Corchia.


A 640 m di altitudine, sulla sponda del torrente Manubiola, Corchia è custodito dalle montagne che si ergono intorno, cresciuto su se stesso in un cunicolo di viuzze, loggiati, archi, passaggi inaspettati.
Il paese è l'ultimo in fondo alla strada, oltre non vì è più nulla. A parte il bosco e gli antichi sentieri di carbonai e raccoglitori di castagne.Alcuni paesi dell'appennino rievocano qualcosa di antecedente. Corchia è uno di questi.. e personalmente è tra quelli che più evocano in me qualcosa di famigliare, ma anche lontano, perduto ma anche riscoperto ogni volta.
Ciò non è dovuto al suo aspetto da antico borgo, che sembra uscire da un film di Ermanno Olmi. Ma è qualcosa che si respira per le vie del paese. Le piccole finestre, più ancora delle pareti in sasso ristrutturate, i suoni del bosco attorno, il saluto di chi si incontra per strada è forse qualcosa che resta nel nostro DNA. Un archetipo di quell'inconscio collettivo junghiano, come se il secolo breve dello sviluppo industriale, non avesse potuto cancellare i secoli di quella dimensione del vivere.
Dalla metà del XIX secolo fino alla seconda guerra mondiale il paese ha visto il maggior afflusso di immigrati attirati dalle ricche miniere di rame, promosse sopratutto dal regime fascista.
Già in passato si era cercato di svillupare maggiormente le miniere locali, prima nel XVI secolo, sotto i farnese, con la ricerca dell'oro (che si rivelò poi pirite), succesivamente nell' '800 e '900 con lo sfruttamento di nuovi giacimenti di rame.Con la fine del rame in miniera e il boom industriale alle porte, il paese ha subito la stessa sorte di molti altri borghi dell'appenino. L'abbandono. Lunghi inverni silenziosi, con solo il passo di qualche anziano, il lento crollo delle case e l'avanzare del bosco nel borgo, su muri e archi. Molti giovani emigrarono in America, in Francia o nella città capoluogo, Parma.
Se molti di loro sono rimasti all'estero, e oggi rientrano nel loro paese natale solo nei giorni di festa (con targhe dai nomi francesi sulle case), coloro che invece decisoro di ritornare a Corchia, perchè proprio alla vita di città non riuscivano ad abituarsi, vedono oggi una nuova vita per le strade del borgo.
Certo gli inverni sono ancora lunghi, ma meno solitari e d'estate le case hanno di nuovo le finestre e le porte aperte, anzi non vi è più una sola casa abbandonata a Corchia.
Questa specie di rinascita è avvenuta oggi, nel nuovo millenio, grazie a vari finaziamenti che hanno permesso di ritrutturare le vie, i tetti, le mura delle case. Anche se, da altri borghi vicini, qualcuno polemizza che i soldi, il paese, li ha ottenuti inventandosi che la via francigena passasse anche da lì. Il risultato del restauro è comunque splendido, ha conservato le antiche rocce e utilizzato gli esperti e saggi metodi di costruzione del posto, che solo pochi oggi conoscono, come ad esempio la particolare costruzione dei tetti in ardesia.
Inoltre la trattoria del paese è diventata una delle più famose, non solo della zona, ma dell'intero appenino parmense. Il sabato e la domenica bisogna prenotare con molti giorni di anticipo perchè i posti sono sempre esauriti, e non solo d'estate!
Resta comunque piacevole e suggestivo camminare per le vie del paese o lungo i sentieri dei vecchi carbonai, ascoltando i lenti rumori del borgo o i suoni del bosco, con lo scorrere del torrente e il canto degli alberi.

Altre foto a questo link:  http://www.flickr.com/photos/ilreporter/sets/72157624946123186/show/


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